Ottobre 28, 2022
Privacy Network e Hermes Center hanno accolto con preoccupazione la notizia dell’implementazione di alcuni cookie wall sui siti di diverse testate giornalistiche italiane.
Come noto all’Autorità, gli strumenti in oggetto chiedono all’utente di effettuare una scelta tra prestare il proprio consenso all’installazione dei cookie di profilazione (e al relativo trattamento di dati personali) o sottoscrivere un abbonamento a pagamento.
Una pratica che equipara il dato personale a qualsiasi altro bene di scambio, che si potrebbe ripercuotere negativamente sulla capacità degli individui più deboli di accedere ad un’informazione di qualità e sulla capacità di autodeterminazione degli stessi.
La protezione dei dati personali e il bilanciamento dei diritti
Le scriventi sono ben consapevoli che il diritto alla protezione dei dati personali, ancorché sia un diritto che gode di rango costituzionale, non sia un diritto assoluto e che vada attentamente bilanciato con gli altri diritti di pari grado. Su questa linea, l’art. 8 della Carta Europea per i Diritti dell’Uomo sancisce il rispetto della vita privata valorizzandone il ruolo all’interno della società democratica.
L’introduzione del Regolamento Generale per la Protezione dei Dati Personali ha ribadito questa interpretazione e ha valorizzato lo sfruttamento dei dati personali come un’attività che dovrebbe tutelare le persone e garantire i loro diritti. È così che il considerando n. 4 afferma che:
il trattamento dei dati personali dovrebbe essere al servizio dell’uomo. Il diritto alla protezione dei dati di carattere personale […] va contemperato con altri diritti fondamentali, in ossequio al principio di proporzionalità. Il presente regolamento rispetta tutti i diritti fondamentali e osserva le libertà e i principi riconosciuti dalla Carta, sanciti dai trattati, in particolare […] la libertà di espressione e d’informazione.
Nel quadro descritto, l’utilizzo dei dati personali è sempre il frutto di un bilanciamento di diritti, tra cui quello di partecipare ad una società democratica. Non solo, i dati personali dovrebbero essere utilizzati per fornire agli individui un’informazione migliore e una più diretta partecipazione alla vita democratica.
I cookie wall che sono apparsi negli ultimi giorni si muovono in segno diametralmente opposto.
Il mercato dei dati personali e le attività di profilazione connesse hanno effetti discriminatori e portano con sé limiti alla possibilità di accedere ad un’informazione di qualità e di partecipare alla vita
democratica. Comprendiamo che i giornali online lamentino di una crisi di settore dall’inizio degli anni 2000, e questa non è che l’ultima di molte iniziative, compiute degli editori, raccontata come necessaria per tenere il loro mercato competitivo. Non possiamo però sottostimare l’effetto collaterale di rivelare a terze parti una versione aggregata su come le informazioni vengono consumate, una statistica progressiva e dettagliata che si trasforma in una debolezza della società connessa.
La stretta interconnessione tra profilazione, consumo di social media (i cui cookie sono installati su tutti i maggiori siti italiani), fake news e informazione distorta è un dato di fatto., In altri termini, tramite l’installazione di cookie si contribuisce a rivelare come la cittadinanza si informa, si comporta, si spaventa e reagisce.
Su questo punto non possiamo non considerare che alla scelta di sottoscrivere un abbonamento dovrebbe corrispondere l’assenza di installazione di qualsiasi cookie di profilazione e la massima trasparenza nell’esercizio dei diritti previsti dal GDPR.
Il fenomeno assume una piega ancora più inquietante quando se ne considerano gli effetti discriminatori. La scelta tra essere profilati e pagare un prezzo vedrà chiaramente svantaggiate le classi meno abbienti, che saranno maggiormente invogliate a scegliere la prima opzione.
Il risultato è disarmante: chi si trova in difficoltà economiche non solo non avrà scelta se non quella di essere tracciato, ma non potrà nemmeno accedere ad un’informazione di qualità in quanto un utente profilato risulta maggiormente esposto a fake news e alla visualizzazione di annunci profilati. Una spirale di discriminazione e segregazione non può che ripercuotersi negativamente sulla società nella quale viviamo.
I gravi problemi in tema di trasparenza e le ragionevoli aspettative degli interessati
La pratica descritta non solo ha contorni discriminatori, ma evidenzia gravi lacune sotto il profilo della trasparenza. La scelta tra accettare i cookie e sottoscrivere un abbonamento, infatti, non è sottoposta – e probabilmente non può essere sottoposta – agli utenti in un modo tale che questi possano esprimere un consenso effettivamente libero.
Attesa la complessità del quadro giuridico di riferimento, non vi è dubbio che quello di cui si sta parlando è un consenso al trattamento dei dati personali e, come tale, deve rispettare i requisiti di libertà e informazione imposti dal GDPR. Al fine di verificare questi requisiti bisogna però tenere conto dell’asimmetria informativa che esiste sul tema e dell’impossibilità di mettere gli utenti nella condizione di esprimere un consenso valido.
Prima di proseguire occorre però evidenziare quanto indicato all’interno del GDPR stesso, che sottolinea, al considerando 43:
si presume che il consenso non sia stato liberamente espresso se […] l’esecuzione di un contratto, compresa la prestazione di un servizio, è subordinata al consenso sebbene esso non sia necessario per tale esecuzione.
Questa affermazione è lapidaria nell’affermare che la illiceità del consenso di cui discute sia presunta e che particolari cautele devono essere adottate.
In questo contesto, è necessario considerare che le conseguenze individuali sopra esposte sono di difficile comprensione per l’utente medio, che non si trova nella condizione di conoscere a quanti e quali provider verranno trasferiti i dati personali a lui riferiti, a fronte di quale costo e di come le informazioni ivi raccolte saranno processate in un modo tale da influenzare il modo stesso in cui egli prende parte alla vita politica e sociale.
Questo è ancora più grave se si considera che le testate giornalistiche non sono tutte uguali tra di loro, in quanto esprimono differenti visioni della politica e della realtà, e che il dato generato dall’accesso ad una di esse – specie se combinato con le altre informazioni generate dai tracciatori diffusi online – può portare a ricostruire le opinioni politiche di un individuo, che il GDPR sottopone alle speciali tutele previste dall’art. 9.
E’ evidente che la raccolta dei dati svolta sul sito di una testata editoriale, la loro acquisizione da parte di terzi, la combinazione con altre informazioni raccolte su altri siti internet e la loro rielaborazione al fine di mostrare pubblicità targettizzata sfugge a qualsiasi ragionevole aspettativa dell’interessato, nel momento in cui gli viene proposta la scelta in oggetto. Tutte queste ragioni portano le scriventi a ritenere che il consenso in esame non possa essere raccolto in maniera informata e libera e che, pertanto, non sia neanche legittimo.
Azioni richieste all’Autorità
Le scriventi hanno accolto con piacere la notizia di un tempestivo intervento dell’Autorità e auspicano un’altrettanto solerte prosecuzione dell’azione. In questo quadro, chiediamo:
- L’accertamento sulla liceità dei cookie wall in oggetto
- La partecipazione dell’Autorità Garante ai tavoli competenti per richiedere un chiarimento e una definizione del quadro giuridico e regolatorio che vada nel senso del divieto dell’utilizzo dei dati personali come bene commerciabile
- Un intervento che coinvolga tutti gli stakeholder interessati, sia di natura pubblica sia privata, che perseguano scopi di lucro e non, al fine di intervenire sulla formazione e sulla sensibilizzazione degli individui per l’eliminazione delle anzidette asimmetrie informative