Ottobre 19, 2020
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Edward Snowden è stato sabato 17 ottobre ospite della Fiera del libro di Francoforte per presentare il suo ultimo libro “Permanent Record”.
La presentazione della sua autobiografia è stata però un’occasione per poter parlare ovviamente del tema che più gli è a cuore, la sorveglianza di massa.
Ecco le domande e le risposte che più ci hanno colpito
“Segreto” è una parola molto conosciuta e usata all’interno della Sua famiglia, visto che alcuni suoi familiari lavoravano per l’esercito statunitense e Lei stesso per la NSA. Ora però le cose sono cambiate: la Sua è una autobiografia. Come mai ha deciso di cambiare e aprirsi al mondo, abbandonando i suoi “segreti”?
Non pensavo di scrivere una autobiografia, ma è venuta fuori l’idea parlando con gli editori che avrebbero voluto un libro che parlasse più di me. E penso che dopo tutto non sia stata una cattiva idea: alcune persone hanno capito male ciò che è successo, non solo riguardo la mia vicenda, ma anche con certi fatti accaduti nel mondo.
L’unico modo per chiarire tutte queste cose era scrivere un libro in cui potessi raccontare come la mia vita fosse cambiata in parallelo con i cambiamenti avvenuti nel mondo e nella vita di tutti, cambiamenti causati dalle nuove tecnologie.
Un libro è uno strumento utile per far pensare le persone, farle rallentare.
Una delle sfide di questi tempi, oltre alla sorveglianza, è questo senso di osservazione: tutto il mondo è sorvegliato, anche dalle aziende. Se vai online, hai questa sensazione che le informazioni siano troppe, e non abbiamo più la sicurezza che siano effettivamente notizie vere perché esistono comunque delle forze che dirigono la nostra attenzione verso ciò che vogliono. La velocità è troppo alta per poter controllare tutto.
Bisogna rallentare
E come si può “rallentare”?
È una scelta volontaria. Oggi la maggior parte delle persone desidera solo provare molte esperienze, ma spesso non approfondisce nessuna di queste. Concentrarsi, approfondire è una scelta personale.
Un libro può essere un momento per rallentare, pensare, ma si può fare anche in altri modi. Ma mi piace pensare che molte persone leggano proprio per rallentare questa velocità che contraddistingue la nostra società.
Ha sacrificato molto per la libertà del web e delle persone, ma molti di noi continuano a stare online senza preoccuparsi di nulla. Come La fa sentire questa cosa?
Il sistema è disegnato per la sorveglianza e l’influenza. Le persone fanno ciò che possono: non penso sia giusto che le persone comuni debbano in prima persona combattere questo sistema da sole. Non è una battaglia equa.
Bisogna creare dei sistemi che davvero diano la libertà di poter navigare senza paura e non come quelli che sono in piedi ora e che danno l’illusione di essere liberi. Non è così: nessuno online lo è. Tutti viaggiano in sistemi ben delimitati dalle company, che fanno andare i consumatori in percorsi ben specifici.
Si sente frustrato?
Non proprio: molte cose in questi anni sono cambiate. Le persone sono più sensibili a certe tematiche ora e persino alcune Big tech hanno dovuto scendere a patti, crittografando ad esempio le conversazioni. Prima questo non esisteva.
Abbiamo risolto il problema della sorveglianza di massa? Certo che no. Anzi, spesso sono le leggi a essere cambiate per poter giustificare certi comportamenti delle Intelligence Agency e non il contrario…Ma in questa era finalmente molte persone sanno cosa significa la sorveglianza e fanno più attenzione. È una battaglia lunga.
Come vede la tecnologia tra 10 anni?
La sorveglianza di massa peggiorerà se non cambieremo alcune cose: in Europa c’è il GDPR, il ché è un’ottima cosa.
Ma il problema non è solo la data protection: è la data collection. E su questo problema non ci stiamo ancora arrivando come si deve.