Privacy e Tecnologia
Il rapporto tra privacy e tecnologia è molto stretto e in costante evoluzione. In questa sezione presentiamo una panoramica dell’intersezione tra i due, insieme ad alcuni consigli pratici per tutelare la tua privacy mentre usi gli strumenti tecnologici più comuni.
Che cosa intendiamo con “privacy”?
Il concetto di “privacy” nasce in epoca relativamente moderna, ed è associato alla nascita dei primi mezzi per la raccolta e la diffusione delle informazioni in modo massiccio. Si pensi che le prime discussioni sulla privacy sono sorte a seguito della diffusione dei primi modelli di macchine fotografiche “portatili” e con il contestuale boom della carta stampata. Presto qualcuno iniziò a chiedersi se fosse giusto che i giornalisti potessero fotografare momenti privati della vita delle persone e poi renderli pubblici, disponibili per il mondo.
Partendo da questa domanda due giuristi dell’Ottocento, Warren e Brandeis, teorizzarono per la prima volta il “right to privacy”, che somigliava molto a un diritto di proprietà della sfera privata. Oggi si considera questa prima formulazione del diritto alla privacy come un diritto legato all’esclusione degli altri dalla propria sfera privata e ci si riferisce ad esso anche come “right to be let alone”.
Se nel 1890 la preoccupazione riguardava principalmente il rapporto con i media e i privati, nel dopoguerra il concetto viene progressivamente espanso, comprendo anche la tutela contro l’illegittima dall’ingerenza dello Stato. Per questo il 10 dicembre 1948, con l’adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, per la prima volta nella storia umana si è riconosciuto il diritto a non essere sottoposti a interferenze arbitrarie nella vita privata.
Lo stesso diritto fondamentale venne poi riconosciuto nella Convenzione Europea per la Salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma nel 1950. La CEDU andava però anche oltre, riconoscendo espressamente che la privacy era anche una difesa contro l’ingerenza e l’abuso di potere delle autorità pubbliche.
L’avvento della società dell’informazione ha modificato ulteriormente il concetto di privacy, che oggi viene intesa anche come “protezione dei dati personali”. In questa nuova accezione non si fa riferimento solo all’esclusione degli altri dall’utilizzo dei nostri dati (diritto all’oblio), ma anche al controllo su come gli operatori pubblici e privati utilizzano le nostre informazioni.
Le “leggi sulla privacy”, come il GDPR, non sono altro che un modo per per garantire il rispetto di questi diritti fondamentali nell’ambito del trattamento automatizzato di dati – sia verso i privati che verso lo Stato. Il GDPR per esempio sancisce una serie di diritti fondamentali rispetto all’utilizzo dei dati personali. Puoi saperne di più consultando questa sezione.
Dati e potere
L’informazione è potere. Quando le aziende o lo Stato acquisiscono informazioni su di te, guadagnano contestualmente un potere economico, sociale o politico, direttamente esercitabile.
Lo sviluppo tecnologico ha aumentato esponenzialmente la possibilità di sfruttare i dati personali per trarne potere, che può essere usato in modi molto diversi: advertising mirato, discriminazione dei prezzi, propaganda politica mirata, o per determinare se hai diritto o meno ad accedere ad alcuni servizi o lavori.
Ad esempio, molte aziende utilizzano parole chiave come “depressione”, “difficoltà economiche”, “problemi di salute”, “alcolismo” per indirizzare contenuti mirati alle persone più deboli e in difficoltà, e quindi più suscettibili. Questo è possibile proprio grazie ai dati che vengono raccolti da migliaia di aziende in tutto il mondo ogni volta che navighi sul web o utilizzi un’app sul tuo smartphone.
In altri contesti, le banche possono usare dati che hanno su di te (anche acquisiti da terzi) per decidere se concederti o negarti un prestito. Questi dati possono essere obsoleti, errati, o semplicemente discriminatori nei tuoi confronti. Lo stesso vale per le informazioni che leggi online e per i banner pubblicitari. La realtà che ti viene presentata online è direttamente plasmata sulla base di un profilo digitale creato ad hoc, partendo dai tuoi dati.
Nel 2016 la campagna Trump ha acquisito i dati di milioni di cittadini americani, esaminando le loro abitudini, interessi, e tratti psicologici. Queste informazioni sono state poi usate per inviare comunicazioni mirate (sotto forma di advertising) per cercare di convincere queste persone a votare per Trump, o astenersi dal voto.
Per questo è fondamentale mantenere il controllo dei tuoi dati, e difendere la tua privacy. Il primo passo è informarsi, e il Privacy Kit è la soluzione ideale. Scegli software che trattino i tuoi dati in modo rispettoso e trasparente, controlla le loro privacy policy e, se hai dubbi, esercita i tuoi diritti garantiti dal GDPR. Per avere più informazioni su quali sono i tuoi diritti sui dati, consulta questa sezione.
Dati e crittografia
La crittografia è la scienza che studia come “offuscare” comunicazioni e dati, per renderli comprensibili soltanto alle persone autorizzate. La crittografia è l’unico strumento al mondo con cui puoi avere certezza della riservatezza delle tue comunicazioni.
La riservatezza delle comunicazioni è uno dei pilastri della società civile, libera e democratica. Non a caso, sia la Costituzione italiana che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea prevedono la riservatezza delle comunicazioni come diritto fondamentale.
La crittografia è nata con la scrittura. Fin dai tempi antichi gli esseri umani hanno sentito la necessità di nascondere le comunicazioni da occhi indiscreti. D’altronde, la scrittura è manifestazione del pensiero. I primi esempi di crittografia si hanno già nel 600 AC.
Oggi quasi tutte le comunicazioni sono digitali. Questo significa che ogni bit di informazione che viaggia online è potenzialmente visibile a miliardi di persone, aziende e istituzioni governative. La crittografia è l’unico sistema capace di proteggere queste informazioni.
Nell’ambito delle comunicazioni elettroniche, ci sono due principali modalità per crittografare le comunicazioni online: “server-client” o “end-to-end”.
La crittografia “server-client” prevede che le comunicazioni siano crittografate in modo centralizzato, da un unico server. Questo significa che il soggetto che gestisce il server ha anche le chiavi per decifrare tutte le comunicazioni.
La crittografia “end-to-end” prevede invece che tutte le comunicazioni siano crittografate a livello di dispositivo. Attraverso questa tecnica le chiavi sono conservate sul dispositivo stesso, e nessuno tranne mittente e destinatario è in grado di decifrare le comunicazioni. Questo è il livello di crittografia più sicuro, perché non richiede di fidarsi di nessuno, se non dell’algoritmo usato per la crittografia.
Fortunatamente oggi è possibile scegliere moltissime soluzioni tecnologiche basate sull’uso della crittografia, come servizi di messaggistica, videoconferenza o anche archiviazione cloud. Se vuoi conoscere quali sono i migliori software privacy-friendly e dotati di crittografia sicura, visita la sezione dedicata.
La crittografia è l’unico strumento con cui giornalist*, attivist* e persone in tutto il mondo possono comunicare ed esprimere il loro pensiero senza paura di ritorsioni o censure. In pratica, è uno strumento di libertà – come la privacy. E per questo è costantemente sotto attacco.
Capitalismo della sorveglianza
Grandi aziende tech come Google e Meta sono le massime espressioni del cosiddetto “capitalismo della sorveglianza”. Si tratta di un concetto coniato da Shoshana Zuboff in un omonimo libro, per descrivere il modello di business basato sull’accumulo di dati personali e il loro sfruttamento monopolistico creare e rivendere prodotti e servizi.
Questi servizi sono veri e propri servizi di intelligence che possono essere utilizzati per manipolare le tendenze di mercato o anche l’agenda politica a proprio favore, sfruttando l’enorme potere economico e sociale derivante dall’utilizzo di dati di miliardi di persone.
I capitalisti della sorveglianza sono tra i principali attori che hanno contribuito a determinare i risultati di alcuni degli eventi politici più importanti degli ultimi 15 anni, come l’elezione di Trump, o il referendum sulla Brexit. Come svelato dalle indagini sul caso Cambridge Analytica, infatti, è molto probabile che senza gli strumenti di advertising mirato di Facebook questi eventi avrebbero avuto risultati molto diversi.
Sono anche i principali promotori della lenta erosione della cultura della privacy e protezione dei dati. Nel corso degli ultimi 15 anni è diventata convinzione comune che sia necessario subire l’invasione digitale della nostra vita per usufruire di servizi utili, ma si tratta piuttosto di una politica mirata di questi giganti del settore tecnologico, volta a giustificare l’accumulo di enormi quantità di dati su ognuno di noi. I dati sono il loro business, e qualsiasi cosa facciano ha l’obiettivo di creare nuove vie per ottenerli.
In molti credono che tutto questo sia inevitabile – che far entrare Google, Meta e altre aziende nelle parti più intime della nostra vita sia per il bene comune e per avere servizi digitali all’avanguardia. La verità è diversa. Gran parte dei profitti non sono investiti in innovazione utile alle persone, ma per lo sviluppo di tecniche sempre più invasive e innovative per acquisizione e analisi di dati per migliorare le capacità di profilazione e vendere intelligence.
È risaputo che sia Google che Meta hanno più volte impedito l’ingresso sul mercato a servizi migliori dei loro, a discapito degli utenti. I servizi digitali attualmente disponibili non sono i migliori che potremmo avere, ma soltanto quelli a cui abbiamo accesso a causa del loro aggressivo monopolio digitale.
Il prodotto sei tu: come reagire al Capitalismo della sorveglianza
“Se non paghi il prodotto, allora significa che il prodotto sei tu”. Questa frase, entrata lentamente nelle nostre vite, è quantomai vera.
Il capitalismo della sorveglianza si serve della messa in commercio di prodotti gratuiti o a prezzi estremamente bassi allo scopo di raccogliere dati e generare nuovi profitti. Inoltre, la proposizione di questi prezzi permette di sbaragliare la concorrenza e funge da barriera all’ingresso di potenziali concorrenti all’interno del mercato. In questo modo, le aziende sono in grado di acquistare le tecnologie di aziende brillanti, ma incapaci di competere sul piano economico.
Pagare per prodotti disponibili gratuitamente può essere difficile, quindi ecco il nostro consiglio: un po’ è meglio di niente. Guarda te stesso e le tue abitudini, scegli quali servizi possono garantirti il giusto livello di sicurezza e confidenzialità senza affrontare spese eccessive. Ad esempio, potresti iniziare con una casella di posta alternativa a quelle offerte dalle big tech; solitamente hanno un costo di circa 1 o 2 euro al mese. Oppure, potresti salvare le tue foto all’interno di un cloud cifrato: costa circa 6 euro al mese, il prezzo di una birra. Se vuoi conoscere quali sono i migliori software privacy-friendly e dotati di crittografia sicura, visita la sezione dedicata.
Puoi fare tanto anche supportando le associazioni come Privacy Network e tante altre che si battono per la protezione dei diritti digitali. Associarsi, seguire le pagine social e diffondere le loro iniziative può sembrare poco, ma è di grande supporto.